mercoledì 4 maggio 2011




La novella di Lisetta Levaldini

[153] Egli è nel contado di Prato, luogo decto Grignano, una gentil donna vedova pratese, il cui nome è madonna Lixetta de’ Levaldini, la quale nella sua gioventù visse ricca et molto veçosamente, et circa l’opera del coito non tanto fu cortese, ma prodiga. Fu bellissima giovane in qualunque sua età, et al presente, trovandosi nell’età d’anni quarantacinque, à bellissima forma di donna. [154] Ella, come ad chi più spende che l’entrata non permette il più delle volte interviene, tutti li suoi beni à quasi consumati et è venuta in tanta extremità che solo su l’entrata d’un poderetto, che rimaso l’è nel detto luogo di Grignano, da cinque anni in qua à sua vita sostentata assai poveramente.
[155] Avea costei al governo di questo poderetto uno lavoratore, assai fresco huomo, il quale, per aver forse sentito che ella del suo corpo nel preterito era stata cortese, prese animo ad richiederla di congiugnersi carnalmente con lei. [156] La donna, nonobstante la povertà sopravenutole essendole pur rimaso alquanto spirito di gentileza, udito il villano, ripiena di sdegno, con villane et altiere parole da sé lo ritrasse, maladicendo la sua fortuna che ad tanta basseça l’avea condotta, che un villano presumesse di simile cosa richiederla. [157] Et tanto poté in lei il preso sdegno, che del suo podere lo cacciò, et cercò d’un altro lavoratore.
E venendogli alle mani uno huomo d’età d’anni quaranta o circa, d’onesta et buona fama nel paese, con lui s’accordò et allogògli questo podere ad meço, come nel paese si costuma di fare. [158] Et, per non venir più nello scando et dispiacere che col precedente lavoratore venuta era, sendosi, secondo ch’ella medesma porgeva, data allo spirito, fece della allogagione scripta autentica, soggiugnendo in essa scripta che, considerata la villania ricevuta dal primo lavoratore, che chi prima, o ’1 nuovo lavoratore ad la donna, o la donna al nuovo lavoratore, dicesse alcuna disonesta cosa, ipso fatto s’intendesse aver perduta la ricolta.
[159] Fermi li pacti et facta la scripta, la donna a’ tempi debiti partìa la ricolta del podere col villano che quello cultivava. Et così due anni insieme si governorono vivendo la donna in gran povertà, perché ’l poderetto non le risponde in modo ch’ella possa solo con una fantesca che la serve reggersene. [160] Accadde che al nuovo lavoratore cominciò ad venir voglia di quello medesmo che venuto era al precessore suo: et funne forse il cagione il vedersela sempre intorno pel podere, sì al côr delle frutte, sì al mietere et sì al vendemmiare infino al potar delle vigne, per dividere i sermenti come colei la cui la necessità costringneva per paura di non essere ingannata. [161] Per che, venuto il tempo del mietere et mietendo il villano, il caldo era grande, et la donna lo stava ad vedere con uno sciugatoio pendente al viso per temença del sole, ad ciò che il lavoratore non trafugasse de’ covoni del grano. Et, essendo quasi l’ora di meço giorno et già tre hore o più avendo mietuto, lasciò il mietere, et ficcò la falce in terra, et, sfibbiandosi tutto, si pose ad giacere rovescio, tirandosi 1 panni et la camicia fino al collo, ricevendo il sole in tutte le parti dinanzi. [162] La donna, veggendo questo, disse:
«O Tone», ché così nome avea, «che fai tu?». [163] Ad cui Tone rispose:
«Io vel dirò. Voi sapete che in questo piano à gran carestia di legne et maxime delle grosse, et l’anno di verno si può male scaldar sanç’esse. [164] Ragionatevi, madonna, che da meço giugno ad meço luglio chi sta tre dì, ogni dì un’ora, in sul meço giorno spettoreggiato al sole, come al presente vedete che io fo, egli incorpora tanto caldo, che il verno vegnente è a llui chome se fusse primavera».
[165] « De! va’ tromba, va’! » disse madonna Lixetta, « ché tu mi fai ben ridere».
«Io vi dico, madonna, ch’io l’ò provato già cinque anni, et truovo ch’egli è vero et certo».
[166] «Gnaffé, s’io il credessi, Tone mio bello», disse madonna Lixetta, « io il proverrei ancor io; ma tu se’ sempre in sul frascheggiare, et però, a dirti il vero, io me ne fo beffe ».
« Et voi beffe ve ne fate! » disse Tone. « Questa briga perché mi date voi? Chi vi prega che voi il proviate?».
[167] «De! può egli essere?» disse madonna Lisetta. «Se Dio t’aiuti, Tone, cianci tu o di’ da dovero? De! giuralo, s’egli è vero!».
«Al corpo del verace Cristo, no » disse Tone, « ch’io non motteggio! Ma, Santa Maria! vedrete, questo verno, come voi farete et vedrete come farò io, et poi quest’altro anno vi saprete meglio consigliare».
[168] «Credi ch’ella sia mattana?» disse madonna Lixetta.
« De! non mi date più impaccio » disse Tone, « ch’io n’ò troppo da me!».
[169] «Tu m’udirai pur parecchi parole, o voglia tu o no», disse madonna Lixetta.
«Ben, che volete voi dire?» disse Tone.
[170] « Dirottelo » disse madonna Lixetta: « a dirti il vero, Tone, questa mi pare una gran maraviglia, et da altra parte, non mi costando nulla, ò una gran voglia di provare questi tre dì: et di quelle poche legne ch’io ci ricolgo, sendo vero quello che tu mi porgi, ne potrei vendere parte et comperarmi dell’altre cose necessarie, che Dio il sa et la Vergine Maria et tu s’io n’ò bisogno!»
[171] Meglio farete a spacciarvene sança seccarmi più» disse Tone.
« Or oltre, » disse madonna Lisetta, « facciànlo, nel nome di Dio!». Et guardandolo in viso et quasi incredula, disse: «De! follo io, Tone?».
[172] «Omèe, che seccaggine è questa?» disse Tone. « Io v’ò detto una volta quello che m’interviene, fatene horamai quello che vi pare, ché io, per me, ne tengo il modo che voi vedete, et la-sciatemi oramai stare, ché vedete ch’io trafelo!».
« Ora in buon’ora! » disse madonna Lixetta, « alle mani! ma sai tu com’egli è: non ti partir di costì ch’io voglio andare ad star più qua».
[173] Et per honestà tiratasi da parte, dietro ad una porca di grano non mietuta in terra si pose rovescio, et tirossi in sù i panni et la gamurra quanto più poté: et così, per tutte le parti dinanzi le batteva il sole; et stette così ferma un’ora, che si cosse in modo che poi più d’un mese ne stette dogliosa. [174] Tone, non sendo da lei ve duto, si ricoperse et, volgendo gli occhi verso quella parte dov’ella era et guardando tra spiga et spiga, vedea tutte le sue carni che pareano una massa di neve: di che seguì che tale dormiva che sùbito si destò. [175] Per che, quando tempo gli parve, essendo stimolato dalla volontà prima avuta, et poi accresciuta veggendola sì bianca, disse:
«Madonna, egli è oggimai hora di levarci: andiamo qua alla fonte che c’è presso, et beamo un poco d’acqua fresca, ché, quant’io sudo come un porco ».
[176] Disse madonna Lixetta:
«Quato io, mi veniva tutta meno».
[177] Rizzoronsi, et Tone prese la falce et insieme andarono verso la fonte; et ad quella giunti, che piccoletta, Tone s’inginocchiò per bere, et in quello si volse presto alla donna et disse:
[178] «Agli smemorati! alla buona, ch’io non me ne ricordava! De! perdonatemi, madonna Lixetta: ad ciò che nel chinare non mi uscisse ventosità dalla parte di dietro, de! ponetevi un poco il manico della falce, però che, se ventusità n’uscisse, io m’arei perduta la giornata del sole».
[179] Madonna Lisetta prese la falce et posegli il manico ad quella parte onde il vento può uscire:
«Suggellate bene», disse Tone, et ella cosi fe’ et disse:
[180] « O ad me inter verrebbe così?».
«Ben sapete che si!» rispose Tone. Et, beuto che lui ebbe, madonna Lixetta si chinò alla fonte per bere et disse:
[181] « O Tone, de! fa anche ad me un poco col manico della falce, et suggella bene, ch’io non mi perda questa giornata!».
«Lasciate fare ad me», disse Tone. Et, quand’ella fu chinata, lui presto gli alçò i panni di dietro et, non altrimenti che ’1 naturale appetito richiedesse, con lei carnalmente si congiunse da quella parte che più in dextro gli era.
[182] Madonna Lixetta, sentendo questo, si volse presto et disse:
«Oimè, Tone! o che fai tu?».
« O che fo io? » disse Tone.
« Come, diavolo, che fai? » disse madonna Lisetta: « O tu mi fai la tal cosa! » non traendo però il vocabolo del suo proprio nome.
[183] Disse Tone:
«Voi avete perduta la ricolta, che voi m’avete detto le cattività ».
La donna disse:
«Ançi, l’ài perduta tu! non vedi tu quel che tu fai, ribaldo?».
«Alla barba l’avete!» disse Tone; et tenendola bene, sença trar la maça del partito, la fece in tre pace.
[184] Le parole furon molte tra l’uno et l’altro: la donna allega che ’1 mal fatto s’intende per mal fatto et per mal detto, circa il caxo; Tone dice: « No no, leggete la scripta», et domanda la ricolta; et la donna ancor la domanda. [185] Furonne alla corte. Seguìnne che io, essendo dimestico delle parti, di consentimento del rectore tutti et due d’accordo ne feciono in me general compromesso.
[186] La questione è grande et trovo diversi oppinioni; et io, come cupido d’onore, ne domando ad voi tutti vostro parere et pregovi mi diciate che ne consiglieresti, ad ciò che, satisfaccendo a l’onor mio, le detti parti possa mettere in pace et d’accordo –.

[187] Le risa furono grandi per ognuno che udì questa novella, et tutte le donne tenevan la parte di madonna Lixetta et gli altri quella di Tone. Et così contendendo di questa sententia, vennon le vivande; per che rimase sença decisione per allora. [188] Né io decidere la saprei, ma al giudicio tuo et degli altri che l’udirano ne rimarrò patiente.